“Equivalenti e biosimilari. Il futuro dei farmaci passa da qui”.

“Equivalenti e biosimilari. Il futuro dei farmaci passa da qui”. Nel leggere il titolo che ha dato vita al progetto editoriale curato dal giornalista Claudio Barnini, e che è stato tema al centro dell’incontro tenutosi a Palazzo Falletti a Roma, qualcuno potrebbe dire: si parla ancora di farmaci equivalenti? Non è già stato detto tutto?

Forse sì, ma spesso purtroppo con poca chiarezza e lacunose basi scientifiche.

In tema di salute sappiamo infatti, quanto sia labile il confine che passa tra vero e falso nell’informazione che circola in Rete. Fare chiarezza sui concetti di farmaco equivalente e biosimilare è ancora quanto mai utile e importante per tutti, compresi medici, pazienti e farmacisti .

Il volume, edito da Fortune Italia e realizzato con il contributo non condizionato di Eg Stada Group, nel lasciare sempre in primo piano la centralità del paziente, fornisce una visione innovativa di un mondo ancora molto confuso e carico di pregiudizi quale quello che ruota intorno al concetto di farmaco equvalente e biosimilare.“Questo libro vuole essere una dimostrazione di cosa significhi ‘centralità del paziente’”, ha spiegato Claudio Barnini da sempre convinto che “un paziente formato e informato correttamente, sia un paziente più forte”.

Per questo “occorre fare attenzione alle parole”, sottolinea la giornalista Annalisa Manduca, per non cadere nella trappola del pregiudizio che, anche dopo più di 25 anni di presenza sul mercato, accompagna ancora i farmaci equivalenti. Ed è proprio dalle parole e dal loro giusto significato che occorre ripartire. Un’analisi semiotica realizzata da Elma Research attraverso un’indagine su un campione di medici di medicina generale, farmacisti e pazienti, ha messo in evidenza come la terminologia usata per definire i medicinali equivalenti abbia contribuito a creare confusione nell’opinione corrente, destando sospetti e controproducenti ambiguità.

Roberta Lietti, Director Qualitative Research di Elma Research ha infatti sottolineato come il vocabolo “equivalente” nell’immaginario comune dei cittadini corrisponda all’idea di un farmaco che ha lo stesso valore di un altro, pur avendo un costo economico più basso. Tale corrispondenza si contrappone a ben altra consapevolezza che contraddistingue la realtà culturale del nostro tempo, dove è proprio il denaro a dare valore alle cose. L’utilizzo del termine “generico”, inoltre, inteso nel suo significato semantico di approssimazione, lascia emergere un pregiudizio di minor efficacia, che toglie ulteriore valore al concetto di attività terapeutica del farmaco unbranded.

I numeri di settore

Entrando nel vivo degli indicatori numerici In Italia il mercato dei generici equivalenti è ancora molto distante dall’Europa, soprattutto da Paesi come il Regno Unito o la Germania: a confermarlo è Michele Uda, direttore generale di Egualia: “oggi il 67% delle prescrizioni di farmaci erogati in Europa riguarda i generici, che incidono solo per il 29% della spesa totale farmaceutica , liberando risorse per l’acquisto di farmaci innovativi. Sempre in Europa vengono prodotti circa il 75% dei medicinali equivalenti consumati a livello globale e l’Italia si conferma il secondo Paese europeo per valore della produzione di farmaci generici e il primo per numero di imprese di settore”.

“L’ultimo rapporto Nomisma – ha aggiunto – evidenzia un impatto (diretto e indiretto) complessivo generato dalle aziende di equivalenti pari a circa 8 miliardi di euro per quanto concerne il valore della produzione, che coinvolge oltre 39 mila occupati, tra diretti, indiretti e indotto. Questa performance produttiva purtroppo non si rispecchia nei dati di mercato interni: nel 2020 i farmaci a brevetto scaduto hanno assorbito nel nostro Paese l’85% della farmaceutica convenzionata a volumi (68% a valori), ma il consumo di equivalenti è rimasto di fatto stazionario, assorbendo il 22,46% del totale del mercato a confezioni e il 14,5% del mercato a valori”. Ciò si traduce in un esborso di circa 1 miliardo di differenziale di prezzo pagato dai cittadini per il farmaco brend invece del farmaco equivalenete /generico e, fatto degno di nota è che la spesa maggiore si registra nelle Regioni a reddito pro-capite più basso. Provando a dare risposta al perchè di tale paradosso, Uda ha dichiarato che “molto dipende anche dalle politiche di governance adottate dai diversi sistemi sanitari: servirebbero nuove, esplicite e convinte campagne informative a livello nazionale rivolte ai cittadini”.

Nel profilo di sostenibilità del Servizio sanitario nazionale rientrano anche i biosimilari ha spiegato Francesco Saverio Mennini, professore di Economia sanitaria e direttore Eehta-Ceis di Roma in quanto è stato calcolato che il loro impatto sulla spesa del Ssn tra il 2015 ed il 2020 è stato pari a circa 769 milioni di euro.

Eppure gli equivalenti non rappresentano solo un’opportunità di risparmio come si evidenzia dalla campagna #IoEquivalgo portata avanti da Cittadinanzattiva, e di cui ha parlato Carla Mariotti, Senior Project Manager di Cittadinanzattiva focalizzando l’attenzione sulle garanzie di sicurezza, efficacia e qualità che questi farmaci offrono, al pari di un farmaco di marca visto l’alto profilo qualitativo che presentano grazie ad un rigoroso processo di produzione perfettamente replicabile a quello degli originator.

Equivalenti e biosimilari rappresentano un’importante opportunità, in quanto oltre a contribuire al contenimento dei costi, consentono di aprire nuovi orizzonti nel mercato farmaceutico. Lo sviluppo di farmaci biotech infatti rappresenta la possibilità di curare a prezzi più contenuti un numero maggiore di pazienti in trattamento.

Ecco perchè “Abbiamo deciso di dare il nostro supporto non condizionato al progetto editoriale- ha concluso Salvatore Butti, General Manager & Managing Director di Eg Stada Group – convinti che rientri nel concetto di responsabilità sociale di un’azienda anche promuovere iniziative che consentano di fornire una comunicazione autorevole e qualificata, in questo caso sui farmaci equivalenti e biosimilari, andando a scardinare barriere e luoghi comuni che ancora sussistono, al fine di creare empowerment del paziente e metterlo nelle condizioni di attuare scelte di salute che siano realmente consapevoli. Solo facendo rete tra tutti gli attori del sistema salute e comunicando messaggi chiari e univoci, è possibile contribuire al consolidamento di un pensiero collettivo che sia davvero favorevole a queste categorie di farmaci, riconoscendone il valore socio-economico sia per l’intero Ssn che per il singolo cittadino”.

Maria Elisabetta Calabrese

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