Roma, 11 maggio 2022 – Si chiamano ‘incidentalomi’ e sono delle formazioni, quasi sempre benigne (adenomi), scoperte per caso a livello dei surreni (le piccole ghiandole endocrine a forma di berretto frigio, appoggiate sopra i reni), in occasione di un’ecografia o di una TAC addome effettuate per altri motivi. Scoperte tutt’altro che rare, visto che si riscontrano nel 3% dei 50enni e nel 10% delle persone over 70. Nella metà dei casi, in questi pazienti le analisi ormonali rivelano delle alterazioni del cortisolo (cioè un modesto aumento dei livelli e soprattutto la mancata ‘soppressione’ dopo test al desametasone), che non determinano però evidenti ricadute cliniche (si parla di sindrome di Cushing subclinica). Dato che solo una minoranza di questi pazienti svilupperà nel tempo una sindrome di Cushing conclamata, al momento le linee guida sugli incidentalomi surrenalici della European Society of Endocrinology e ENSAT 2016 raccomandano solo di stratificare questi pazienti in base ai risultati del test al desametasone*.
Finora, non erano del tutto note le implicazioni di queste modeste alterazioni del cortisolo sulla prognosi dei pazienti. Per questo, il professor Massimo Terzolo, socio della Società Italiana di Medicina Interna (SIMI) e ordinario di Medicina Interna all’Università di Torino, insieme ad un gruppo di ricercatori internazionali, ha deciso di effettuare uno studio di coorte, internazionale, multicentrico, per cercare una risposta a questa domanda. Sono state incluse in questa grande analisi retrospettiva, oltre 3.600 persone con adenomi surrenalici, seguite per almeno 3 anni, in 28 centri di 15 paesi. I risultati hanno evidenziato che le alterazioni di secrezione del cortisolo (definite come cortisolo non sopprimibile al test al desametasone, cioè a secrezione ‘autonoma’, svincolata dal controllo ipofisario) correlano con un’aumentata mortalità. Questo è il primo studio ad aver evidenziato che questo rischio varia a seconda dell’età e del sesso del paziente; in caso di adenoma surrenalico con secrezione autonoma del cortisolo, infatti, le donne giovani (sotto i 65 anni) hanno un rischio di mortalità (soprattutto da cause cardio-vascolari) aumentato del 439 per cento rispetto ai pazienti con adenoma non funzionante (che non produce cioè ormoni); nessun aumento del rischio di mortalità è stato invece riscontrato nei maschi over 65. Lo studio ha evidenziato anche che la prevalenza di malattie cardio-metaboliche (ipertensione, diabete, dislipidemia, eventi cardiovascolari maggiori) aumenta in maniera proporzionale al grado di ‘autonomia’ della secrezione del cortisolo, che si osserva più di frequente nelle donne e nei portatori di adenomi bilaterali.
“Con tutte le cautele del caso – afferma il professor Terzolo – questo studio sembra suggerire che le donne con meno di 65 anni sono quelle che più potrebbero trarre beneficio da una normalizzazione del cortisolo, ottenuta con terapia medica o chirurgica; la parola finale su questo punto spetta tuttavia agli studio caso-controllo randomizzati, i soli in grado di indicare con sicurezza se un intervento terapeutico sia in grado di mitigare tanto il rischio di patologie cardio-metaboliche, quanto quello di mortalità in questa popolazione di donne under 65 con incidentalomi surrenalici a produzione autonoma di cortisolo. In attesa di questi studi sembra invece ragionevole continuare a mantenere un atteggiamento di tipo conservativo (cioè nessun intervento chirurgico) nei maschi over 65”. “Questo studio, condotto presso un prestigioso centro di Medicina Interna che da decenni si dedica allo studio delle ripercussioni cliniche delle patologie surrenaliche su diversi organi e apparati – commenta il professor Giorgio Sesti, presidente della Società Italiana di Medicina Interna (SIMI) – costituisce un importante avanzamento delle conoscenze sugli effetti a lungo termine dell’incidentaloma surrenalico, una condizione clinica considerata finora relativamente benigna. Uno degli aspetti più interessati dello studio è quello che mostra come questa condizione possa rientrare nell’ambito della medicina di genere in quanto è stato osservato che le donne con età inferiore ai 65 anni risultano esposte al più altro rischio di eventi fatali, indicando così che questo gruppo potrebbe trarre il massimo beneficio dalla normalizzazione della secrezione di cortisolo mediante terapia farmacologica o chirurgica”. Lo studio pubblicato su Lancet Diabetes & Endocrinology è stato finanziato dall’AIRC e dall’Università di Torino, oltre che dalla Deutsche Forschungsgemeinschaft (l’Associazione tedesca per la ricerca, un’importante organizzazione pubblica che finanzia progetti di ricerca).
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* Il test al desametasone consiste nella somministrazione di 1 mg di questo corticosteroide la sera a mezzanotte, per poi andare a dosare i livelli di cortisolo al mattino seguente alle 8,00; se i pazienti hanno una cortisolemia inferiore a 50 nmol/L, si parla di adenoma ‘non funzionante’ (che non produce cioè ormoni in modo autonomo e non regolato dal controllo centrale); i pazienti con valori tra 50 e 138 nmol/L vengono inquadrati come ‘possibile’ secrezione autonoma di cortisolo; per quelli infine con una cortisolemia dopo test al desametasone superiore a 138 nmol/L, si parla di ‘secrezione autonoma di cortisolo’.