Si sono svolti a Roma, due giorni di confronto tra i maggiori esperti italiani e le Associazioni Pazienti sullo stato dell’arte delle malattie rare, dei trattamenti, delle prospettive future, per sensibilizzare la popolazione sull’importanza dello screening neonatale esteso e della diagnosi precoce
L’ 8 e il 9 settembre 2023, due giorni di approfondimento sulle patologie rare, con un focus sulla Malattia di Fabry, a cui hanno partecipato i maggiori clinici di riferimento e le Associazione Pazienti per avviare un dialogo sullo stato dell’arte dei trattamenti disponibili, dei bisogni dei pazienti e delle loro famiglie, delle prospettive future e per sensibilizzare la popolazione sull’importanza dello screening neonatale esteso e della diagnosi precoce per una migliore gestione delle malattie rare.
È questo il razionale di “SuperHiro – Take Rare Disease to Another Level”, la due giorni sulle malattie rare organizzata da Takeda Italia che si è svolto a Roma.
Ad oggi sono oltre 300 milioni le persone in tutto il mondo che convivono con una malattia rara, in Italia circa 2 milioni. Il 72% di queste patologie ha origini genetiche, il 20% ambientali, infettive o allergiche; il 70% insorge in età pediatrica.
Il tempo medio per una diagnosi varia dai 4 fino ai 7 anni e la ricerca di mutazioni genetiche è parte integrante della diagnostica. Quando viene individuata una mutazione è importante iniziare anche un processo di ricerca e screening della stessa tra i familiari, utile a favorire l’identificazione di soggetti asintomatici, che svilupperanno la patologia tardivamente e che potrebbero a loro volta trasmettere la mutazione ai propri discendenti.
“Poiché attualmente sono disponibili varie opzioni terapeutiche per le malattie rare che comprendono, fra le altre, la terapia enzimatica sostitutiva, il trapianto di fegato, la terapia cellulare con cellule staminali ematopoietiche fino ai nuovi approcci di terapia genica, diventa mandatorio attuare strategie efficaci per la diagnosi precoce di queste patologie prima dell’instaurarsi di un danno d’organo a carattere irreversibile – spiega il professor Marco Spada, Direttore della Pediatria e del Centro Regionale per la cura delle malattie metaboliche del Regina Margherita di Torino – In questo contesto, lo screening neonatale allargato per le malattie metaboliche ereditarie e per altre condizioni monogeniche suscettibili di un trattamento precoce rappresenta lo strumento principale per la prevenzione secondaria delle malattie rare e, più in generale, per le malattie genetiche. Oggi, infatti, è possibile analizzare su una semplice goccia di sangue del neonato numerose molecole ed anche effettuare test genetici rapidi, che permettono l’identificazione di molte malattie rare oggi trattabili già in epoca neonatale. In attesa di una applicazione estensiva dello screening neonatale, è molto importante oggi, al fine di facilitare la diagnosi precoce di queste condizioni, estendere in maniera sistematica le strategie di screening biochimico e genetico effettuabile su goccia di sangue nelle popolazioni a rischio, sia in ambito pediatrico che nel contesto della medicina dell’adulto”.
Fondamentale è anche lo studio dell’albero genealogico: questa analisi consiste nel raccogliere i dati dell’anamnesi familiare, in genere fino a tre generazioni, dei pazienti con nuova diagnosi di una malattia genetica rara. Tale analisi può migliorare la diagnosi precoce dei familiari, facendo emergere il sommerso, cioè la parte di popolazione che non sa di essere affetto da una patologia, consentendo ai pazienti di ricevere terapie specifiche per la malattia quando disponibili.
“L’estensione dello studio familiare consente di diagnosticare la malattia di Fabry in una fase precoce ed auspicabilmente antecedente allo sviluppo dei segni e sintomi di malattia – afferma la professoressa Daniela Concolino, Direttore di Pediatria, Università degli Studi Magna Graecia di Catanzaro – Lo screening familiare offre, pertanto, un vantaggio importante permettendo un miglior management della malattia ed un accesso precoce alle terapie specifiche”.
Tra le patologie rare su cui è stato focalizzato il dibattito tra gli esperti riuniti a Roma e per cui sono fondamentali lo screening neonatale esteso e l’analisi dell’anamnesi familiare, c’è la malattia di Anderson-Fabry, causata dall’accumulo di glico-sfingolipidi nei tessuti viscerali e nell’endotelio vascolare di tutto l’organismo. Si manifesta con sintomi aspecifici e spesso, se non identificata tempestivamente e trattata adeguatamente, porta a danni a livello renale, cardiaco e del sistema nervoso centrale tali da compromettere qualità e aspettativa di vita.
“Da sempre la nostra Associazione, attraverso le sue attività e il costante contatto con i Centri di riferimento, sostiene l’importanza della diagnosi precoce e l’inserimento della Malattia di Anderson-Fabry nello Screening neonatale, perché solo in questo modo è possibile monitorare in modo ottimale la patologia ed intervenire con le terapie nel momento in cui si rendono necessarie, ovvero prima che si verifichino i danni d’organo che compromettono irrimediabilmente la qualità, e l’aspettativa, di vita dei pazienti – spiega Stefania Tobaldini, Presidente AIAF, Associazione Italiana Anderson-Fabry – Va ricordato che la diagnosi di una malattia rara rappresenta anche un momento molto delicato nella vita di una famiglia, perché pone davanti molte incognite e preoccupazioni e proprio per questo è importante offrire ai pazienti un adeguato supporto. Ed è proprio a partire da qui che AIAF può essere d’aiuto, offrendo a coloro che sono coinvolti nella Malattia di Fabry un punto di riferimento, evitando che si sentano disorientati lungo tutto il loro percorso, favorendo momenti di condivisione con altre famiglie e donando un supporto nella gestione delle problematiche correlate alla patologia anche nel contesto sociale, psicologico, assistenziale e di tutela legale”.
I ritardi diagnostici sono comuni a causa della rarità della malattia e della non specificità dei primi sintomi. Per questo motivo, lo screening neonatale e delle popolazioni a rischio possono identificare precocemente le persone affette dalla Malattia di Fabry. La successiva genotipizzazione a cascata dei membri della famiglia può rivelare un numero maggiore di individui affetti, spesso in età più giovane di quanto sarebbe stato diagnosticato altrimenti. L’analisi del pedigree, condotta dai centri di riferimento per le malattie da accumulo lisosomiale dei familiari dei pazienti affetti, ha contribuito ad evidenziare che, in media, ci sono almeno cinque membri della famiglia a cui viene diagnosticata la Malattia di Fabry.
“Trovare soluzioni efficaci per aiutare le persone affette da malattie rare è una priorità per Takeda – dichiara Andrea Degiorgi, Rare Business Unit Head di Takeda Italia – Oggi vogliamo sottolineare il nostro impegno nell’ambito della malattia di Fabry, patologia rara che spesso getta nello sconforto e fa sentire solo chi ne è affetto. Un impegno che si concretizza non solo nella ricerca e sviluppo di nuove soluzioni terapeutiche, ma anche in una stretta collaborazione con il mondo clinico e istituzionale e con le associazioni, affinché si arrivi alla piena attuazione, su tutto il territorio nazionale, dello screening neonatale esteso, per dare ad ogni paziente le stesse opportunità di presa in carico e di cura”.